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Gli impianti iperbarici industriali per basso e alto fondale

storia dell'immersione
04-01-15

©  CEDIFOP 2004 tutti i diritti riservati


STORIA DELL'IMMERSIONE

INTRODUZIONE

 

Le origini dell'immersione hanno le loro radici nel bisogno e nel desiderio dell' uomo di svolgere attività subacquee, di effettuare recuperi, di impegnarsi in operazioni militari e di estendere le frontiere della conoscenza attraverso esplorazioni, ricerche e sviluppi.

Non si sa quando l'uomo scoprì per la prima volta che poteva nuotare sott'acqua per recuperare gli oggetti giacenti sul fondo, ma la professione del subacqueo è vecchia di più di 5000 anni. I primi tentativi di immersione si limitarono a fondali relativamente bassi (inferiori a 100 piedi): i tuffatori di quei tempi recuperavano e raccoglievano una vasta messe di prodotti, cibo, spugne, corallo e madreperla..

( Vaso del VI secolo a.C. raffigurante un tuffatore greco
che si appresta ad immergersi, probabilmente alla ricerca di spugne.)

Le prime notizie di attività subacquee si trovano negli scritti dello storico greco Erodoto: egli narra le imprese di un tuffatore greco di nome Scillia, incaricato da Serse, re dei Persiani, di recuperare un tesoro sommerso, nel V secolo a.C.

Già nei tempi antichi i tuffatori erano attivi in operazioni militari. Le loro missioni variavano dal taglio dei cavi dell'ancora per mandare le navi alla deriva, alla perforazione di buchi nell'opera viva delle navi nemiche, alle costruzioni delle proprie difese portuali" ed ai tentativi di distruggere quelle dell'avversario. Secondo una documentazione storica, sembra che Alessandro Magno abbia mandato i suoi tuffatori a rimuovere alcuni ostacoli nel porto della città di Tiro (nell'odierno Libano), città da lui conquistata nel 332 a.C., e che abbia voluto immergersi egli stesso per controllare il progresso dei lavori.

Alcuni di questi primi subacquei crearono una fiorente industria del recupero nei principali porti del Mediterraneo orientale. Nel primo secolo a.C., le operazioni erano così bene organizzate che venne fissata per legge una scala delle ricompense e, perciò, riconosciuto il fatto che fatica e rischio aumentavano con la profondità: in 24 piedi d'acqua il tuffatore aveva il diritto alla metà del materiale recuperato, in 12 piedi ad un terzo e, in soli tre piedi a un decimo.

  

PRIMI SVILUPPI  
 

Il passo più ovvio e necessario per sviluppare le capacità di un subacqueo era quello di procurargli aria sufficiente per rimanere sott'acqua. Dapprima si usarono canne o tubi che si estendevano sino alla superficie: era, così, possibile rimanere sommersi per un certo periodo di tempo, senza, però, poter svolgere un lavoro utile. I tubi respiratori furono usati principalmente come mezzo tattico nelle operazioni militari, in quanto consentivano di avvicinarsi inosservati al caposaldo nemico. Gli uomini che respirava- no sott'acqua con questi tubi non erano meri tuffatori, ma soldati che li usavano come copertura per la propria missione.

A prima vista potrebbe sembrare logico che l'unico mezzo necessario ad ampliare ulteriormente la sfera d'azione del tuffatore fosse un tubo più lungo. In effetti, in alcuni dei primi disegni di cui si è a conoscenza sono raffigurati cappucci di cuoio con lunghi tubi flessibili, collegati a galleggianti in superficie. Non ci sono prove che questi congegni siano stati costruiti, o collaudati, in condizioni reali: con tutta probabilità chiunque li abbia usati perì annegato. Alla profondità di soli tre piedi, è praticamente impossibile respirare attraverso un tubo usando solamente la capacità respiratoria del corpo, poiché il peso dell'acqua esercita una forza totale di quasi 200 libbre sul torace del subacqueo (200 libbre = 91 kg). La profondità è uno dei fattori più importanti nelle operazioni subacquee e, per la riuscita di qualsiasi attività subacquea, è necessario superare o eliminare la pressione.

(Antico e Improponibile Marchingegno Respiratorio. Questo disegno del 1511, raffigura un tuffatore che ha il capo coperto da un cappuccio di cuoio dotato di un tubo che lo collega alla superficie.)

In tutto il corso della storia dell'immersione, si progettarono marchingegni fantasiosi per raggiungere questo obiettivo, moltissimi dei quali elaborati dalle più grandi menti delle rispettive epoche. Inizialmente non si comprese pienamente la natura del problema della pressione sott'acqua ed i progetti elaborati non poterono venire tradotti in pratica.

Una serie completa di progetti era basata sulla teoria che il subacqueo potesse porta- re con se un sacco polmone. Questo concetto deve essere molto antico poiché, in un fregio del nono secolo a.C., si raffigurano uomini, che sembrano tuffatori, e che usano come serbatoi d'aria vesciche rigonfie di pelle animale. Questi uomini erano probabilmente dei nuotatori che portavano le vesciche per rimanere a galla: sarebbe, infatti, impossibile immergersi reggendo un aggeggio del genere. Sembra che un sistema che rendeva attuabile l'immersione abbia fatto una breve comparsa nel tardo Medioevo. Nel 1240, Ruggero Bacone fece riferimento a uno "strumento con il quale gli uomini possono camminare sul fondo del mare, o dei fiumi, senza alcun pericolo."

 Altri autori del sedicesimo e diciassettesimo secolo descrissero e pubblicarono disegni di apparecchiature che ne preconizzavano la riuscita futura

(Fregio Assiro (900 a.C.))

  

Primi Successi.  

Tra il 1500 ed il 1800 fu messa a punto, e usata, una campana di immersione che permetteva al subacqueo di rimanere sott'acqua per qualche ora, e non per pochi minuti. La campana di immersione ha la forma di una campana la cui parte inferiore è aperta verso il mare. Le prime campane di immersione, simili a mastelli grandi e robusti, erano calibrate in modo da essere immerse in posizione verticale per intrappolare una quantità d'aria sufficiente a permettere, al subacqueo, di respirare per varie ore. Il principio della campana si può facilmente osservare immergendo un bicchiere capovolto in una pentola d'acqua. L'aria nel bicchiere viene compressa leggermente dall'acqua, la pressione si livella in un determinato punto e permette, in tal modo, il formarsi di un serbatoio d'aria.

Le campane d'immersione sono assicurate in superficie con un cavo, e non hanno alcuna manovrabilità oltre a quella della nave di supporto logistico. Il subacqueo può rimanere nella campana, se essa si trova sopra il punto dove lavora oppure, trattenendo il respiro, può avventurarsi fuori per brevi periodi di tempo.  

Il primo riferimento ad una campana d'immersione realmente operativa si ebbe nel 1531 e, in seguito, per parecchie centinaia d'anni, campane rudimentali, ma funzionali, vennero usate regolarmente. Nel decennio attorno al 1680 William Phipps, un avventuriero nativo del Massachusetts, modificò la tecnica della campana di immersione e, con una serie di secchi calibrati e capovolti, alimentò l'aria ai suoi palombari mentre tentavano di recuperare un tesoro del valore di 200.000 dollari.  

Nel 1690, l'astronomo inglese Edmund Halley mise a punto una campana di immersione la cui atmosfera veniva fornita da barili d'aria, calibrati e calati dalla superficie. In una prima dimostrazione del suo sistema egli si immerse nel Tamigi assieme a quattro compagni alla profondità di 60 fsw (circa 18 metri), rimanendovi per quasi un'ora/un'ora e mezza. Circa 26 anni più tardi, impiegando una versione perfezionata della sua campana, Halley, allora sessantacinquenne, trascorse più di quattro ore a 64 fsw (quasi 20 metri).  

Nel 1715, un altro inglese, John Lethbridge, mise a punto uno scafandro monoposto completamente chiuso. L'attrezzatura di Lethbridge consisteva in un barile d'aria, rinforzato, ricoperto di cuoio e dotato di un portello di vetro per tener libera la visuale. Vi erano, poi, due buchi per infilare le braccia in maniche impermeabili. Indossando questa apparecchiatura, calata da una nave e manovrata come la campana di immersione, il suo occupante poteva svolgere in modo utile il proprio lavoro.
 

 (Lo Scafandro di Lethbridge.)

Sembra che Lethbridge abbia avuto successo con la sua invenzione e che abbia partecipato a numerosi recuperi in Europa. In una lettera al direttore di una popolare rivista, scritta nel 1749, l'inventore dice che la sua normale profondità operativa era di 10 fathoms (60 piedi), e che poteva raggiungere un massimo di 12 fathoms e rimanere sott'acqua per 34 minuti.  

Comparvero, e furono impiegati negli anni successivi, molti altri progetti simili a quelli di Lethbridge. Tuttavia essi soffrivano delle stesse limitazioni fondamentali della campana d'immersione, in quanto il palombaro aveva poca libertà di manovra poiché non vi era alcun modo pratico di fornirgli l'aria in modo continuato. Una vera e propria conquista si ebbe al volgere del diciannovesimo secolo, con l'invenzione della pompa operata a mano che poteva erogare aria pressurizzata.

(Successo dello scafandro Chiuso)

 

Immersioni in Alti Fondali.

  L'arte e pratica dell'immersione a scopo di recupero era ben sviluppata alla metà del diciottesimo secolo, quando l'Inghilterra entrò nell'era della Rivoluzione Industriale. Usando campane d'immersione - congegni per l'immersione simili a quelli di Lethbridge - oppure tuffandosi in bassi fondali, gli uomini che operavano nel campo dei recuperi lavoravano con lena a recuperare qualsiasi cosa, dalle ancore, all'oro e all'argento. Anche se l'uomo è sempre stato affascinato dalla ricerca di tesori sommersi, tali ritrovamenti furono rari, il guadagno giornaliero provenne da materiale più modesto ma prezioso. Il valore dell'ottone dei cannoni recuperati da una nave superò i 50.000 dollari di quell'epoca.Con tutti i relitti disseminati lungo le coste della Gran Bretagna la progettazione di uno scafandro che aumentasse l'efficienza delle operazioni di recupero era fortemente incentivata

(Recupero di preziosi Cannoni d'ottone da una Nave da Guerra affondata.
Il
primo Scafandro con Elmo di Siebe.)

 Il merito della progettazione del primo scafandro appartiene ad Augustus Siebe. Egli figura tra i molti progettisti, i quali, negli stessi anni, inventarono apparecchiature di successo. Nel 1828 John e Charles Deane brevettarono una muta per pompieri che permetteva di muoversi in un edificio in fiamme. Nel 1828 essi brevettarono il Deane's Patent Diving Dress, cioè una muta pesante per proteggere dal freddo, dotata di un elmo con un portello di vetro e di una manichetta per l'erogazione dell'aria dalla superficie. L'elmo non era fissato alla muta, ma semplicemente appoggiato sulle spalle del palombaro, tenuto al suo posto dal peso e da cinghie allacciate alla cintura. L'aria di scarico, o quella in eccedenza, usciva da sotto il bordo dell'elmo e non c'erano difficoltà se il palombaro rimaneva in posizione  eretta. Se, tuttavia, inciampava o cadeva, l'elmo si sarebbe rapidamente riempito d'acqua. Nel 1836 i Deane pubblicarono un manuale del palombaro, forse il primo mai dato alle stampe.

( Apparecchiatura per Ambienti fumosi inventata dai Deane.)

Il contributo iniziale all'immersione dato da Augustus Siebe consiste, essenzialmente, in una modifica dell'apparecchiatura dei Deane. Siebe sigillò l'elmo alla muta all'altezza del colletto utilizzando una muta impermeabile, lunga fino alla cintura ed aggiunse al suo sistema una valvola di scarico. Noto come Siebe's Improved Diving Dress questa apparecchiatura è l'antenata diretta dell'MK V, apparecchiatura standard per immersioni in alti fondali, sostituita, in seguito, agli inizi degli anni '80 (1980, per intenderci) dall' MK 12 Surface-Supplied Diving System (Apparecchiatura per immersione alimentata dalla superficie).

Negli anni attorno al 1840 comparvero sulla scena molti altri tipi di mute, che furono impiegate in vere e proprie operazioni subacquee. A quel tempo, un'unità dei British Royal Engineers era impegnata in un importante progetto per la rimozione dei resti del relitto della nave da guerra HMS ROYAL GEORGE, che ostacolavano l'accesso ad un importante ancoraggio della flotta proprio fuori Portsmouth, in Inghilterra. Il colonnello William Pasley - l'ufficiale incaricato - decise che questa operazione offriva l'opportunità ideale per collaudare e valutare differenti tipi di apparecchiature. Egli diffidava dello scafandro dei Deane perché riteneva possibile che l'acqua potesse penetrare nell'elmo e raccomandò formalmente l'adozione del modello di Siebe per operazioni future.

Dopo il completamento del progetto del colonnello Pasley, uno storico ufficiale del governo osservò che "di tutti i palombari esperti, non uno sfuggì a ripetuti attacchi di reumatismo e raffreddore". l palombari avevano lavorato per sei o sette ore al giorno, gran parte delle quali passate tra 60 e 70 piedi. Il colonnello Pasley e i suoi uomini non si resero conto delle implicazioni di questa osservazione. Quello che sembrava reumatismo era, in effetti, il sintomo di un problema fisiologico ben più grave che, nell'arco di pochi anni, sarebbe diventato di grande rilevanza per la professione del subacqueo.

 (continua.....)