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24-06-15

Melegari

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Interventi

Kouvakis Parlato Ferrero Melegari Occhiuzzi Gasparin Anzil Minì Natalè

Giulio MELEGARI

Presidente IDSA
(International Diving Schools Association)
(
Brittany France)

Gli aspetti formativi, certificativi e legislativi subacquei nel quadro internazionale e nazionale.

         La immersione professionale sta oggi, in un suo settore specifico di rilevante importanza economica, attraversando una evoluzione espansiva quasi esplosiva. Quella che noi indichiamo come “immersione professionale” è, nel mondo anglosassone, definita “commercial diving” e talora tradotta in Italiano con la risibile locuzione di “la subacquea commerciale” che richiama l’idea di una procace tuffatrice in bikini, frequentatrice di centri di immersione e proclive al meretricio. In realtà la definizione di “immersione professionale”, oltre a riunire tutti coloro che dalla attività subacquea ricavano emolumenti di qualsiasi entità e di qualsiasi tipo, raggruppa diversi settori di attività, diversificati fra loro e dotati di specifiche caratteristiche e di specifici requisiti. 

          Ci permettiamo, per amore di chiarezza e di precisione, di sintetizzare questi settori, aggiungendo, tra parentesi, la corrispondente definizione Inglese e internazionale :

 

-          recupero o demolizione di relitti (salvage diving), è la attività tradizionale dei palombari che ha costituito per oltre un secolo e mezzo il nucleo (core business) della attività professionale subacquea,

-          interventi portuali (harbour diving), è la attività altrettanto tradizionale che i palombari esercitavano nei porti per la loro costruzione, insieme ai “cassonisti”, e per le operazioni di ispezione, carenaggio, manutenzione e riparazione delle navi e degli ormeggi. In questo settore rientrano tutti i palombari (q.v. Codice della Navigazione) e tutti i Sommozzatori (q.v. DM del 13 Gennaio 1979) iscritti nei rispettivi registri per essere abilitati a operare in “servizio locale”,

-          interventi per ricerca scientifica e indagini ambientali (scientific diving), è la attività che riunisce

-          interventi industriali per gli idrocarburi (oil and gas diving), è la attività che si è sviluppata, in un crescendo rossiniano di clamore e di energia, a partire dal secondo dopoguerra e che ha assorbito gruppi crescenti di operatori subacquei professionisti, al punto da vantare oggi, nelle sue file, oltre tre professionisti subacquei su quattro,

-          interventi per acquacoltura (fish farm diving), è probabilmente la più silente, ma non per questo la più negletta, tra le attività subacquee professionali. Di relativamente recente comparsa, rivela una lenta e contenuta tendenza all’espansione,

-          pesca professionale e raccolta di corallo (coral diving), storicamente e tradizionalmente ricca di nomi e di episodi, questa attività è limitata a un gruppo relativamente ristretto di operatori che lavorano oltre i limiti della fisiologia e delle regole internazionali dell’industria,

-          istruttori, guide, accompagnatori (professional leisure diving), ultima tra le attività entrate nel professionismo, riunisce coloro che in ambito sportivo e turistico lavorano remunerati per fornire un servizio di didattica e/o di accompagnamento a turisti e a sportivi di ogni livello e provenienza,

-          giornalisti e foto/cine/teleoperatori (media project diving), una attività limitata, nel numero dei partecipanti, ma elevata nei livelli di specializzazione e di competenza che giungono spesso a portare i praticanti oltre i limiti tradizionali e codificati della fisiologia e delle regole internazionali dell’industria.

 

           Oggi sotto la lente di ingrandimento si trova il settore degli “interventi industriali per gli idrocarburi (oil and gas diving)”, la cui crescente espansione risponde alle esigenze di un mercato in esplosiva crescita che cerca di sagomarsi sulle esigenze e sugli isterismi del “caro petrolio”.  Lo sviluppo delle attività di estrazione dai giacimenti sottomarini è in crescente espansione e questo richiama sempre crescenti forze di lavoro subacqueo per i lavori di installazione delle strutture necessarie alla “coltivazione” dei giacimenti, alla estrazione e al trasporto degli idrocarburi. Aumentano le esigenze, si affinano le tecnologie, si richiede un crescente numero di operatori, se ne domanda una crescente competenza negli aspetti applicativi e lavorativi, se ne rendono più severi i criteri formativi e certificativi e fortunatamente se ne aumentano decisamente i livelli di sicurezza. Quasi improvvisamente, dando seguito alle prime avvisaglie sporadiche e sparse emerse nel corso del primo semestre dello scorso anno, si è manifestato un fenomeno centripeto di afflusso di sistemi di immersione e di operatori subacquei in numerosi centri di attività (e.g. Golfo del Messico, Medio Oriente, Mar Rosso, Estremo oriente, Africa Occidentale). Gli eventi sono divenuti talmente concatenati che di fatto non si trovano  impianti di alto fondale disponibili o in attesa di contratto e tutti sono in pratica impegnati in operazioni. Questa situazione riguarda tanto gli impianti fissi installati all’interno (built in saturation systems) delle navi appoggio per lavori subacquei (Diving Vessels), quanto gli impianti mobili di tipo modulare (modular saturation systems) o di tipo monoblocco (package saturation systems).  Mentre gli impianti fissi hanno una loro precisa struttura e fisionomia che ne garantisce anche le condizioni di manutenzione e di operazione (si trovano in genere installati sotto coperta o comunque in ambiente chiuso e condizionato) in rapporto alla attività operativa della nave e ai suoi cicli di manutenzione programmata, gli impianti mobili subiscono le vicissitudini degli allestimenti su mezzi navali diversi con posizioni e spazi diversi e conseguentemente anche con configurazioni che spesso variano. Nel corso degli anni “90 questi ultimi tipi di impianto avevano subito una drastica riduzione numerica a favore di un loro miglioramento qualitativo poichè il crescente numero di navi appoggio per lavori subacquei con impianto fisso ne aveva limitato la domanda, contribuendo favorevolmente alla scomparsa dei “pollai” che negli anni “70 e negli anni “80  arredavano la coperta di pontoni, supply vessels, navi di occasione e di circostanza, spesso per operazioni e interventi al di fuori delle fondamentali norme di sicurezza.  Questa fase di crescente domanda per impianti di alto fondale sta ora facendo rispuntare sistemi ormai dismessi, camere iperbariche fuori collaudo o fuori dimensione, componenti lasciati ad arrugginire in capannoni o in aree industriali o portuali.  Tutto questo procedimento di riesumazione avviene spesso sotto il controllo e la gestione da parte di personale che abbina a una scarsa competenza tecnica una pericolosa tendenza ad omettere, sotto la pressione della necessità commerciale o contrattuale, la necessaria cura degli aspetti di sicurezza sostanziale e preventiva. Le caratteristiche degli impianti di basso e alto fondale sono fissate, nei loro requisiti minimi, in una serie di documenti variamente applicabili secondo le aree di competenza e di applicazione, ma tutti, in linea di massima, allineati sugli stessi requisiti dimensionali, volumetrici e di sicurezza. I documenti fondamentali sono :

 

1.                            “Regolamento per la costruzione e la classificazione di mezzi subacquei e di apparecchi o impianti per il lavoro subacqueo” emesso dal Registro Italiano Navale (RINA) il Dic. 1 , 1993.

2.                           “Raccomandazioni del gruppo di lavoro per le attività subacquee iperbariche” ENI HSE/S 03/03. Luglio 10, 2003.

3.                           “Consensus Standards for Commercial Diving Operations” Fifth ed. 2004.  ADC International (Association of Diving Contractors International), inclusivo di operazioni DP.

4.                           “Mobile / portable surface supplied systems” IMCA(International Marine Contractors Association) D 015, May 1998

5.                           “The initial and periodic examination, testing and certification of diving plant and equipment” AODC (Association of Offshore Diving Contractors) doc. 056 (ora IMCA D 018), February 1999.

6.                            "Diving Equipment Systems Inspection Guidance Note for Surface Orientated Diving Systems (Air) IMCA D 023 February 2000.

7.                           "Diving Equipment Systems Inspection Guidance Note for Saturation Diving Systems (Bell)" IMCA D 024 March 2001

8.                            “Code of Safety for DIVING SYSTEMS” International Maritime Organization.  London, 1997.

9.                           NORSOK UI00 

           Quanto sta succedendo per gli impianti di immersione accade anche per i singoli operatori subacquei. Si è verificata una crescente richiesta di personale qualificato al punto che la domanda ha superato l’offerta e che le aree “calde” evidenziate per le richieste degli impianti e dei sistemi di immersione stanno assorbendo tutto il personale disponibile nel settore e ne assorbirebbero anche altro. La situazione, analoga a quella degli impianti, è che la domanda di personale subacqueo, elevata in termini quantitativi porta a sottovalutare in molti casi gli aspetti qualitativi e di competenza certificata che si traducono, tutto sommato, in efficienza esecutiva e in sicurezza.  Questo si manifesta a tutti i livelli (operatori subacquei di basso e alto fondale, tecnici di saturazione, tecnici di sistema, supervisori di basso e alto fondale, specialisti della sicurezza, tecnici e piloti di ROV) e anche in quest’area è da tenere presente la esistenza di linee guida, regolamenti, codici di buona pratica che, nelle diverse aree di lavoro, fissano i requisiti minimi di formazione, di certificazione e di competenza richiesti per le diverse figure professionali: 

1.                               “International Diver Certification Standards & Procedures“  IDSA  (International Diving Schools Association). Rev. 2 / 2002 and following issues /revisions.

2.                              “Raccomandazioni del gruppo di lavoro per le attività subacquee iperbariche” ENI HSE/S 03/03. Luglio 10, 2003.

3.                              “Training and certification schemes for OTS (Commercial Divers), OSS (Scientific Divers), Technicians and Supervisors of diving and hyperbaric operations” [FF 16]  IDSA. Rev. 4 / 2004 e successive revisioni.  

4.                              Consensus Standards for Commercial Diving Operations” Fifth ed. 2004  ADC International (Association of Diving Contractors International), comprensivo di operazioni in  DP (Posizionamento Dinamico).

5.                              “Diving operations at work regulations 1997”  e relativi ACOPs . HSE UK

 

      La previsione, che i fatti correnti e la situazione nazionale e mondiale mostrano nella loro tendenza evolutiva, è che per il prossimo triennio si manterrà una situazione di carenza di operatori subacquei qualificati e competenti nel settore dell’immersione industriale e che per questo periodo e forse per un ulteriore periodo a seguire l’inserimento professionale da parte di chi ha una formazione adeguata (formal training), una certificazione riconosciuta (aknowledged certification) e una competenza assodata (assessed competence) non dovrebbe presentare problemi.

 

              Il DM 13.Gennaio.1979 dell’allora Ministro della Marina Mercantile istituì la figura del “sommozzatore in servizio locale” per affiancarla, differenziandola adeguatamente, alla figura del “palombaro in servizio locale” già istituita dal Codice della Navigazione (articoli 114 e 116) approvato con Regio Decreto n. 327 del 30.03.1942 e dal relativo regolamento di esecuzione (articoli 204 e seguenti) approvato con DPR n. 328 del 15.02.1952.  Il Regolamento di esecuzione del Codice della Navigazione Marittima all’articolo 204 specifica la attività dei palombari in servzio locale e le caratteristiche delle imbarcazioni di appoggio e delle attrezzature di supporto (ad esempio pompe e compressori), che devono avere certificazione RINA.  All’articolo 205 viene istituito e specificato il registro dei palombari in servizio locale e vengono definiti i requisiti per l’iscrizione allo stesso. In particolare, al punto 6 del primo comma, viene posto come ultimo requisito: “avere effettuato un anno di navigazione in servizio di coperta o avere prestato per lo stesso periodo, servizio nella Marina Militare in qualità di palombaro”.   

            Se ne desume che ancora oggi chi è dotato di libretto di navigazione e può documentare un anno di imbarco in servizio di coperta, magari a bordo di un peschereccio o di un mezzo navale minore, può richiedere e ottenere l’iscrizione al registro dei palombari in servizio locale pur non possedendo alcuna attestazione o certificazione di formazione professionale specifica.  E’ chiaramente una situazione di carenza legislativa e normativa generata da una vacatio legis che, all’epoca, mirava a consentire la formazione e l’inserimento professionale come palombaro a quanti, pur non provenendo dalla Marina Militare, avevano seguito un effettivo e adeguato processo pratico di addestramento al seguito di qualche palombaro esperto, unica via in assenza di scuole riconosciute per palombari civili o commerciali.         

           La figura del “sommozzatore in servizio locale” istituita e definita dal DM 13 Gennaio 1979, integrato dal DM 31 Marzo 1981 e modificato con DM 02 Febbraio 1982, appare invece subito vincolata dal presupposto di una certificazione che ne attesti la formazione specifica attuata secondo le modalità previste dall’art. 05 della legge n. 845 del 21 Dicembre 1978 e dalle relative leggi regionali di attuazione. La integrazione del DM 31 Marzo 1981 e la modifica del DM 02 Febbraio 1982 risultano introdotte allo scopo di contemperare i requisiti formativi e certificativi di questa figura con il quadro internazionale e comunitario (q.v. art 48, § 2 del trattato CEE e art. 1, § 2 del Regolamento CEE / 16, 12 / 1968), rendendo anche accessibile l’iscrizione ai cittadini di stati comunitari dotati di una certificazione di formazione professionale del paese di origine.         

          Appare però anche chiaro che la qualifica di “sommozzatore in servizio locale” non è una certificazione professionale, ma piuttosto una concessione o licenza che lo autorizza a operare nei “servizi portuali” (q.v. art. 1) “entro l’ambito del porto e nelle sue adiacenze” (q.v. art. 2).  La certificazione professionale è un presupposto che deve essere posseduto dall’aspirante per accedere alla iscrizione al registro, come è sottolineato chiaramente dal DM 02 Febbraio 1982 che impone il “possesso di un titolo riconosciuto idoneo per l’espletamento della attività sommozzatoria professionale nell’ambito dei porti”. 

         Poiché i porti hanno acque normalmente di batimetria limitata e contenuta e comunque ben inferiore alla profondità di demarcazione tra basso (bf < 50 m.) e alto (af > 50 m.) fondale è intuitivo e implicito che per la iscrizione al registro risulta sufficiente una qualifica formativa professionale di sommozzatore (OSS) o di operatore subacqueo (OTS.bf) di basso fondale  rispettivamente abilitato a immergersi con sistemi ad aria compressa fra 0 e 30 metri o fra 0 e 50 metri di profondità.   

        Tipicamente, inoltre, il tipo di attività espletata dal “sommozzatore in servizio locale” e per la quale è richiesta la coesistenza di certificazione adeguata e di competenze specifiche, è una attività configurabile come attività subacquea costiera (inshore diving), ben diversa dalla attività subacquea industriale in altura (offshore diving), tanto per le profondità raggiunte quanto per il quadro meteomarino e ambientale (mezzi navali di appoggio, attrezzature, tecniche di intervento) nel quale si deve operare.

        Aggiuntivamente  si deve oggi considerare che le qualifiche e le certificazioni professionali e industriali IDSA e di altre organizzazioni internazionali (e.g. AODC, ADC international, IMCA) non accettano la equivalenza degli attestati di formazione subacquea militare (giudicati invece sufficienti e validi per la iscrizione al registro dei sommozzatori in servizio locale, DM 13.01.1979) per i quali impongono una formazione integrativa e aggiuntiva che  comprenda gli argomenti e gli aspetti tipici e caratteristici dell’intervento industriale in altura. 

HSE UK (Health and Safety Executive del Regno Unito) da non confondersi con i vari dipartimenti e servizi HSE (Health Safety Environment) che gestiscono gli aspetti di sicurezza presso le grosse aziende ha preso il posto del DOE (Department of Energy) che alla fine degli anni "70 codificò i criteri formativi e certificativi degli operatori subacquei nell'industria.  Fino al 1997 esistevano quattro livelli di certificati: Part I (basso fondale fino a 50 metri), Part II (alto fondale con miscele e campana chiusa), Part III (basso fondale in aree costiere dove non è richiesta DDC sul luogo di lavoro), Part IV (autorespiratore autonomo tipo ARA). Dal 1997 sono state introdotte le qualifiche basate sui moduli certificativi (UNITS) : UNIT A - HSE Surface Supplied (ombelicale dalla superficie) - assessed to 50 m,  UNIT B - HSE SCUBA - assessed to 30m but can dive to 50m., UNIT C - HSE Closed Bell - assessed to dive from a closed bell (100m during assessment), UNIT D - HSE Surface Supplied (TopUp) - assessed to use hot water suits, open bell (wet bell), and understand the hazards of diving from Dynamic Positioned (DP) vessels. Le combinazioni dei diversi moduli sono in genere Units A + B + D, oppure Units A + B.  Queste qualifiche consentono la iscrizione al registro dei sommozzatori in servizio locale (q.v. DM 13 Gennaio 1979), ma sono valide (q.v. art. 3 § 5 del DM citato) solo per i cittadini di quel paese (UK). E' una assurdità dal punto di vista concettuale e pratico, ma il decreto stabilisce che " ...omissis... per i cittadini di altri paesi membri della Comunità Economica Europea è considerato abilitante all'iscrizione anche il possesso di un titolo riconosciuto  idoneo dalla legislazione del paese di origine per l'espletamento della attività sommozzatoria nell'ambito dei porti ......omissis.....".

 

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