CEDIFOP news n. 73 - Luglio 2012 - articolo 129
Idrogetto cavitazionale: le nuove tecnologie
(di Antonio Stefanon)
Dal marzo 2010 è stata omologata CE nella direttiva macchina e nella direttiva applicazioni una strumentazione rivoluzionaria, che potrebbe essere la miglior soluzione per gran parte dei problemi di lavoro subacqueo. Si tratta di una applicazione che sfrutta l’effetto della cavitazione in ambiente subacqueo che tipicamente si genera quando un elica supera il suo ottimale regime di rotazione. Essa nel 2003 ha ricevuto la certificazione della U.S. NAVY. Impiegata in tutto il mondo, questa tecnologia americana – ampiamente utilizzata con pieno successo – non usa il getto d'acqua come uno scalpello meccanico ma lo utilizza invece come una sorgente di cavitazioni le cui implosioni generano shock waves.
Se opportunamente indirizzate e focalizzate esse scaricano la loro energia per la disincrostazione di strutture in immersione. E’così possibile la pulizia di carene, tubazioni, cavi elettrici e quant’altro senza minimamente abradere le eventuali vernici protettive presenti. Le attrezzature che utilizzano questa tecnologia hanno anche il vantaggio di operare in condizioni di estrema sicurezza per il subacqueo, poiché il getto risulta inoffensivo a più di 7-8 centimetri dall’ugello di uscita. La manovrabilità di questi utensili a “getto cavitazionale” e con impugnatura “a pistola” è ottima grazie ad un speciale sistema di bilanciamento a “retro-getto” che ne compensa totalmente la spinta naturale, rendendo il lavoro leggero, più preciso e sicuro. Le dimensioni compatte consentono un ottimo lavoro anche su superficie e strutture molto complicate.
Cercheremo ora di offrire una spiegazione semplice del complesso principio fisico-idrodinamico che è il cuore del sistema: da ogni unità a “getto cavitazionale” l’acqua in pressione fuoriesce dall’ugello di emissione sotto forma di una nuvola di microbolle o, più precisamente, di microcavità cariche di energia in uno stato instabile, e così mantenute da microscopici moti vorticosi. Essi sono dotati di vita brevissima, ma sufficiente a garantire l'efficienza operativa del getto. L'energia del fascio d'acqua è quindi fornita non solo dall'energia cinetica dovuta alla velocità di fuoriuscita, ma anche da un'energia interna instabile dovuta al moto caotico-microvorticoso che mantiene in vita le micro cavità per quel “micro tempo” indispensabile a lasciarle lavorare. Quando il getto incontra una superficie solida, impregnando gli interstizi, le incrostazioni ecc, le micro-cavità collassano in una miriade di implosioni, e queste shock waves trasferiscono praticamente tutta l’ energia impiegata per generarle all'azione di separazione e sgretolamento delle incrostazioni.
La forza distruttiva del getto dipende anche dal tipo e dalla consistenza del materiale colpito: tanto più questi è rigido, fratto e poroso, tanto più forte sarà l’effetto. Poiché la fase di formazione delle micro cavità avviene in tempi ben più lunghi della fase implosiva, questa produce risultati di qualche ordine di grandezza superiore a quelli ottenibili da un semplice getto ad alta pressione ma senza l’azione implosiva del “getto cavitazionale”. E’ qui opportuno ricordare che i fenomeni di micro-cavitazione sopra descritti non possono formarsi in ambiente subaereo. Questa strumentazione è pertanto di esclusivo impiego subacqueo, anche perché il retro-getto di compensazione emesso in aria potrebbe diventare pericoloso, non essendoci l’acqua ambiente a disperderlo, assorbirlo e ad ammortizzarlo.
Poiché le vernici protettive antifouling sono elastiche e compatte, esse subiscono passivamente la “mitragliata” delle microimplosioni, assorbendo solo una minima parte della loro energia e quindi rimanendo intatte. Le incrostazioni calcaree tipiche del fouling – essendo formate da materiali cristallini (prevalentemente carbonato di calcio) molto rigidi e disomogenei – le assorbiranno totalmente e tenderanno a riempirsi di microfratture perdendo ogni potere di adesione. Analogamente si staccheranno facilmente anche organismi animali quali i classici “denti di cane”, le ostriche, e quant’altro abbia come collante un materiale cristallino e fragile. Allo stesso modo si staccheranno anche le cozze, il cui bisso è fissato al supporto mediante piccolissime placche calcaree.
Il fenomeno è particolarmente evidente durante la pulizia di tubi metallici, sui quali il “collante” delle incrostazioni può essere formato da ossidi ed idrossidi ferrosi, che possono trasformarsi in carbonati. Tra i più comuni ricordiamo l’ Ankerite, la Goethite e l’ Idrozincite, tutti cristallini e fragili. In questo caso succede spesso che dalla tubazione si stacchino delle placche, delle croste che ricordano lo sfogliarsi della corteccia degli alberi da sughero. Le superficie pulite con “getti cavitazionali” riacquistano normalmente la loro originaria lucentezza e/o levigatura; questo dimostra che tutto quanto vi si era naturalmente attecchito è stato totalmente asportato. Le idropulitrici tradizionali (la cui efficacia dipende da una pressione decisamente più elevata) tendono invece a lasciare superficie più rugose, “micro scolpite, ove il fouling si fissa e cresce molto più rapidamente. Mancando quell’effetto a scalpello dell’impatto di un getto d’acqua in pressione (come nelle idropulitrici), i “getti cavitazionali” sfruttando principi fisici diversi possono essere tranquillamente impiegati anche su materiali tessili e/o legnosi, che vengono puliti senza alcun danneggiamento. Gli eventuali residui organici improbabilmente rimasti vengono “sterilizzati” dall’effetto cavitazionale che comporta la morte delle cellule vive rimaste.
Pertanto i “getti cavitazionali” possono essere considerati la tecnologia ideale per la pulizia delle gabbie per gli allevamenti ittici in mare perché non solo non danneggia le strutture e le reti ma nemmeno i pesci all’interno che restano comunque fuori dal suo raggio d’azione.
Confronti
Operativamente, tra una idropulitrice tradizionale ed una pulitrice cavitazionale le differenze sono molte ed importanti:
IDROPULITRICI TRADIZIONALI
-- La pressione di esercizio ha non meno di 200 Bar di pressione
-- il getto d’ acqua ad alta pressione scava un solco preciso, lungo, sottile e senza sbavature, di circa 1 cm2 di sezione
-- la manovra comporta movimenti ampi ed è più faticosa
-- il getto perde la sua pericolosità dopo almeno un’ ottantina di centimetri
-- è imputabile di inquinamento ambientale asportando in tutto od in parte le vernici antifouling
-- a parità di superficie e di tipologia di fouling il tempo di pulitura è 7-10 volte superiore
GETTI CAVITAZIONALI
-- La pressione di esercizio ha circa 150 Bar di pressione
-- l’ugello emette un cono di micro vortici con un angolo di apertura di circa 30 gradi e che perde la sua efficienza dopo circa 8 -10 centimetri
-- la superficie di impatto (ove pulisce) è un ovoide largo circa cm 4 e lungo circa cm 7
-- la sua manovra, a parità di pressione di alimentazione, è meno faticosa e più sicura
-- rispettando le vernici antifouling non produce inquinamento ambientale
-- a parità di superficie e di tipologia di fouling il tempo di pulitura è 7-10 volte inferiore
Antonio Stefanon
Geologo marino presso l'Università di Venezia
collaboratore dell'istituto di Biologia del Mare del C.N.R.
(dal sito del "NOS-nucleo operatori sommozzatori)