CEDIFOP news n. 107 - Giugno 2015 - articolo 203
Riflessioni
(di Manos Kouvakis)
In questi giorni è iniziata una dura battaglia che ha visto i greci e Tsipras da una parte, contro i tedeschi della Merkel e Schäuble dall’altra. Battaglia ampiamente vinta da questi ultimi con la firma di un trattato umiliante per i Greci. Tsipras ha dovuto difendere con le unghie e con i denti la permanenza della Grecia nell’Euro, accettando alla fine qualsiasi cosa gli è stata proposta. Ha perfino buttato la propria giacca sul tavolo delle trattative dicendo: “Prendete pure questa, tanto non ho nient'altro”
In queste ore si sta cercando di ratificare l’accordo sottoscritto nel Parlamento greco. Con le maggiori TV tedesche in collegamento diretto che seguono, passo dopo passo, le votazioni, traducendo letteralmente le discussioni che avvengono in questi minuti in Grecia. Si sta cercando di trasformare in legge la pesante tassazione che Tsipras ha accettato, per poter così contare, forse, su un piccolo prestito ponte, con l’obiettivo dare respiro alle banche greche che ormai si trovano davanti al baratro del fallimento.
Ma tutto questo è ormai storia che viene ripetuta di continuo da tutti. Io vorrei fare alcune riflessioni su alcuni argomenti, diversi da quelli su cui tutti stanno discutendo in queste ore.
E’ lampante che il piano tedesco era quello di buttare fuori la Grecia dall’Europa e dall’Euro. Tsipras, perdendo una grande battaglia, ha alzato bandiera bianca, accettando tutto quello che gli veniva proposto per salvare la permanenza della Grecia fra i Paesi dell’Euro. E l’ha fatto forse contro ogni previsione, nonostante le richieste del gotha europeo, giorno dopo giorno, diventavano sempre più dure.
Ma perché la Germania vuole questo? Certamente la questione di simpatia c’entra poco, quando tutto ruota attorno ad interessi e affari e la Grecia è coinvolta in moltissime operazioni di questo genere. Eccone alcune.
Tsipras-Putin, asse nell’energia dopo lo stop al progetto South Stream. Tsipras rompe il fronte europeo del gas aprendo la strada alla partecipazione della Grecia a una pipeline russo-turca per portare in Europa il gas russo, aggirando l'Ucraina. Questo avviene, come già accennato, dopo il fallimento del progetto South Stream (a cui partecipava anche l’Eni, che è tuttora socia al 20% di South Stream Transport Bv, joint venture incaricata di costruire e gestire la tratta offshore nelle acque del Mar Nero). Ma il destino di South Stream (di cui fanno parte anche Gazprom al 50%, più la francese Edf e la tedesca Wintershall, entrambe al 15%) oggi è quanto mai incerto. La Saipem (società del gruppo Eni) che per la tratta sottomarina aveva già cominciato a lavorare grazie a tre contratti di appalto (l'ultimo dei quali, il più ricco, da 2 miliardi di dollari), ha interrotto i lavori per volontà di chi non voleva che arrivasse in Europa il gas russo. Lo stesso Vladimir Putin in persona ha dichiarato da Istanbul, in conferenza stampa col presidente turco Tayyip Erdogan: “Se l'Europa non vuole realizzarlo, non verrà realizzato”.
Sulla stessa linea anche il governo italiano, che molto recentemente ha cambiato orientamento, con il ministro dell'Industria che ha detto che per l'Italia “South Stream non è più nella lista delle priorità”. Ma Tsipras e Putin hanno ripescato questo piano abbandonato, e lo stesso Tsipras, in riferimento alla partecipazione di Atene al progetto del gasdotto che attraverserà la Turchia, ha precisato che ogni Stato membro, “ha diritto a firmare accordi bilaterali in campo energetico”. Questo progetto può assicurare la “sicurezza energetica rispettando le regole sia della Grecia che dell’Unione Europea”.
Tsipras ha più volte sottolineato che la Grecia, pur facendo parte dell’Unione Europea, è un Paese sovrano e quindi ha il diritto di tutelare i propri interessi nazionali in linea “con il suo ruolo geopolitico di Paese mediterraneo e balcanico”, aggiungendo che Atene è contraria alle sanzioni imposte dalla UE a Mosca, una forma di “guerra economica” che non condivide affatto: “Spero - ha affermato il leader greco - che sorga una nuova primavera nelle relazioni tra i nostri due Paesi”.
Dal canto suo, Putin ha detto che la Grecia “può diventare un importante centro di distribuzione” grazie al gasdotto russo-turco che Mosca intende costruire con Ankara dopo la cancellazione del progetto South Stream. “La Grecia però non ci ha chiesto aiuto finanziario”, ha precisato il leader del Cremlino, il quale ha aggiunto che Mosca potrebbe partecipare ad alcuni dei programmi di privatizzazione in Grecia e investire in progetti per la realizzazione di infrastrutture. Il 2016, ha aggiunto, sarà l’anno della valorizzazione dei rapporti culturali fra Russia e Grecia.
A questo va aggiunto che, secondo le ricerche dell’US Geological Survey, che compie importanti studi nel settore, la Grecia potrebbe custodire sotto i suoi mari un tesoro del valore di 600 miliardi di dollari e che, insieme con Israele, Cipro, Libano, Turchia e Siria, potrebbe formare un fortissimo polo nella gestione di queste risorse. In particolare, le riserve sottomarine si troverebbero nelle acque a sud di Creta e avrebbero una portata di ben 3 mila e 500 miliardi di metri cubi di gas naturale, mentre il petrolio ammonterebbe a più di un miliardo di barili. Considerando che nel 2011 l’Europa ha consumato più o meno 500 miliardi di metri cubi di gas, la piccola Grecia potrebbe costituire un’importante fonte alternativa e integrativa rispetto al gas russo.
Una Grecia piena di difficoltà economiche ritarderebbe questo tipo di investimenti. Tale ritardo favorirebbe il polo attualmente esistente fra i Paesi dei mari del Nord che si trovano vicini al collasso. Con il prezzo del greggio in calo, nel Mare del Nord le aziende petrolifere tremano. Così fonti bene informate definiscono l’industria petrolifera britannica nel Mare del Nord. In questo scenario, una Grecia distrutta non sarebbe un pericolo per i prossimi decenni.
Porto di Pireo: durante le privatizzazioni fatte dal 2010 ad oggi, lo Stato greco ha fatto passare nelle mani dei cinesi tutta la gestione del porto di Pireo. I cinesi, con cospicui investimenti, lo hanno trasformato nel principale ingresso di merci che arrivano dalla Cina che poi, una volta sdoganate, vengono smistate in tutta Europa. Attività che subirebbe una battuta di arresto se Pireo uscisse dai confini dell’Europa, con le merci che, una volta arrivate in questo porto, dovrebbero successivamente affrontare la dogana in un altro punto, in un altro Stato, con grossissimi problemi di logistica.
Attraverso società come la COSCO (China Ocean Shipping Company) la Cina, nel corso degli ultimi anni, ha portato avanti un'opera di penetrazione economica. La quantità di cargo e container salpati dai porti cinesi è cresciuta, negli ultimi cinque anni, di circa il 35% anno.
Strategia economica e politica, tenendo conto che le imprese cinesi sono società controllate dallo Stato, non possono che andare di pari passo: le scelte economiche sono funzionali alla strategia politica di Pechino e viceversa. Partendo da questa considerazione si comprende in modo chiaro la ragione per cui la COSCO ha scelto di investire in Grecia, assicurandosi per 500 milioni, attraverso la propria controllata COSCO Piraeus Container Terminal S. A., la gestione per 35 anni - e l’opzione per altri cinque - delle banchine II e III del porto del Pireo, cioè lo sbocco a mare della capitale Atene. L’investimento complessivo, comprese le opere di ammodernamento delle banchine, è stato stimato attorno ai 3,4 miliardi, e la banchina III è appena divenuta operativa dopo i lavori di ampliamento (mentre la II era attiva già dal 2009).
Pireo è il più grande porto della Grecia e uno dei più importanti del Mediterraneo orientale. Certamente meno importante, in termini di traffico merci, dei grandi porti del Nord Europa, ma rispetto a questi molto più facilmente alla portata dei container cinesi, attraverso il Canale di Suez. Va poi considerato che la Grecia è vicina a mercati emergenti come quelli della Turchia, dell’Europa orientale e dei Balcani, attraverso i quali le merci cinesi possono raggiungere anche il Nord Europa. Pechino intende usare il Pireo come porta di accesso ai mercati europei, ipotesi confermata dal fatto che negli ultimi anni sempre meno container cinesi sono transitati nei porti di Napoli e di Istanbul, precedenti destinazioni privilegiate. Non a caso la COSCO negli ultimi anni si è mostrata fortemente interessata sia al processo di privatizzazione dell’Autorità Portuale del Pireo che delle ferrovie e degli aeroporti greci. Lo scopo, ovviamente, è quello di creare una corsia di passaggio “protetta” che permetta alle merci cinesi di transitare per le banchine controllate dalla COSCO, dirette verso il cuore degli altri mercati europei, avendo in più la capacità di gestire i flussi commerciali provenienti da altri Paesi.
Immigrazione clandestina: Italia e Grecia sono in questo momento la porta d’ingresso di una grossa percentuale di immigrati clandestini che, tramite il Canale di Sicilia o le isole greche sparse nell’Egeo, riescono ad entrare in Europa. L’uscita della Grecia dall’Europa permetterebbe immediatamente di risolvere il problema dell’immigrazione clandestina, almeno per chi approda in Grecia, diminuendo così di una forte percentuale questi flussi.
Ma tutto queste non sono che piccole riflessioni, che pongono sotto i riflettori diversi un problema ben più grave di complicità e interessi internazionali, che coinvolgono una piccola Grecia. Con un Tsipras che, di fatto, ha rotto equilibri ben consolidati a favore dei Paesi che oggi dominano l’Europa. E l’ha fatto con le sue aperture verso la Russia, come riferisce Bloomberg, che riporta le dichiarazioni di Tsipras secondo cui "la nuova architettura di sicurezza europea deve includere la Russia”. Mentre “la Grecia come Stato membro dell'UE, può essere un ponte tra l'Occidente e la Russia". Tsipras sta diventando il pericolo numero 1 per i potenti dell’Europa che si accaniscono contro il popolo greco che lo ha eletto e supportato con il recente referendum e i sondaggi.
Tsipras ha perso una battaglia, in questi giorni, con l’accettazione delle pesanti condizioni poste dai tedeschi e firmando per un accordo che porta la Grecia ad avere un debito ingestibile. Debito che le nega qualsiasi possibilità di crescita. I grandi d’Europa lo sanno, ma forse non hanno mai letto la storia greca, piena di periodi contrassegnati da grandi problemi che per altri sarebbero stati insuperabili, ma che i greci hanno saputo affrontare. E’ evidente che non hanno visto le immagini recenti di un popolo che si mette a ballare in piazza Sintagma dopo il risultato del recente referendum senza preoccuparsi del domani.
Tsipras ha perso una pesante battaglia, ma la guerra è appena iniziata. E le simpatie maggiori, da parte dei popoli del mondo, non sono indirizzate certamente verso i centri di potere europei.
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